Review party “Cosplaygirl” di Valentino Notari

Una ringraziamento a:

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The enchanted kingdom of books

Salve a tutti lupacchiotti e lupacchiotte! Come vanno questi giorni di quarantena? Male? Ah non ditelo a me, inizio a sentirmi imprigionato dentro casa, chiedendomi quando finirà questa commedia.
Perché la vita è una commedia, Joker docet.
A parte tutto, avendo fatto molti giorni di inattività dall’inizio dell’anno voglio essere più produttivo e tenere più aggiornato il blog, spesso trascurato.
Voglio partire raccontandovi una storia!
Per due volte di fila, prima che il coronavirus stroncasse tutto, ho fatto il cosplayer insieme al mio gruppetto.
Quella che per noi era una stronzata, perdonate la volgarità, detta dopo un bel paio di shottini si era trasformata in un’idea concreta. Un cosplay a tema Mulan, il cartone della Disney, e noi maschi vestiti da Chien-Po, Yao e Ling travestiti da concubine. Le foto non le mostrerò PERCHÉ NO OK?!
Ho ancora dei meravigliosi ricordi di quelle volte, in molti ci hanno fermato chiedendoci una foto, in certi momenti non riuscivamo nemmeno ad andare avanti dentro la fiera del Lucca Comics and Games.
Perché tutto questo? Mi piaceva raccontarvi questa mia piccola esperienza di vita proprio per introdurre un libro che parla di questo argomento, una storia completamente ambientata all’interno del magico mondo dei cosplayer.
Sto parlando di Cosplaygirl scritto da Valentino Notari.

Trama

Alice è una giovane studentessa universitaria abruzzese che porta avanti una passione per lei fondamentale, la passione per il cosplay.
Alice fin da piccola viene vista come quella strana, come la sfigata di turno e per questo veniva bullizzata, umiliata anche e soprattutto per il suo aspetto fisico. Ella è cresciuta in un piccolo paese abruzzese, in un contesto montanaro e rurale dove predomina in molti casi una mentalità provinciale che spesso tende a opprime e soffocare le persone più giovani. Aveva una sola consolazione: il nonno che l’ha sempre sostenuta e che per lei è una figura di riferimento.
Diciamo che io e Alice abbiamo qualcosa in comune.
In tal senso il cosplay è diventato la sua ragione di vita, modo per appartenere a qualcosa di gratificante dove nessuno si sente strano o escluso. Non sempre è così, però è innegabile che il mondo del cosplay dia ad Alice un motivo per non ricadere nel baratro della depressione e dell’autolesionismo.
Fino ad arrivare al Romics, dove la tossicità delle persone che le stanno attorno inizia a venire a galla. Viene lasciata dal ragazzo, che la tradiva, e per lei sfuma la possibilità di partecipare Wold Cosplay Summit in Giappone.
Per Alice sembra di ritornare ai tempi in cui veniva bullizzata, solo la presenza di Diego, suo migliore amico e segretamente innamorato di lei, riuscirà un po’ ad attenuare questo momento.
Arrivati al Lucca Comics la situazione precipita: perderà momentaneamente l’amicizia con Diego, si romperà il rapporto con Marta e Sara venendo poi vessata pesantemente da Serena, ragazza del suo ex Marco.
In tutto questo inferno, sola nelle strade di Lucca, Alice è in preda ad un attacco di panico, ma anche nei più brutti, quando le nubi oscure di Mordor si allungano, può avvenire la svolta.
In suo soccorso arriva Sweet Pea, una cosplayer che fin da quel momento Alice aveva sempre trattato con superficialità, che in realtà si chiama Federica. In realtà in molti trattano con superficialità, Federica porta avanti cosplay in versione erotica. Per citare un esempio reale: fa la stessa cosa di Himorta, la cosplayer molto famosa in questo ambiente e sui social network.
Sweet Pea è spesso vittima di slutshaming, come molti cosplayer di questo tipo.
La conoscenza di Federica cambierà radicalmente la vita della protagonista ed è qui che, con i suoi alti e bassi, anche Alice può sentirsi felice, scoprire cose che prima ignorava e che anche nei momenti più neri c’è sempre la speranza di risollevarsi.
Come disse qualcuno: la felicità può essere trovata anche momenti più tenebrosi, se solo uno si ricorda di accendere la luce.

Conclusioni

Ai più schizzinosi e a chi tende a dare critiche superficiali può sembrare un romanzetto, quando in realtà non è così.
Per quanto le vicende siano effettivamente romanzate, saliva in me la sensazione che lo scrittore desse per davvero una descrizione lucida su cosa subisce spesso una persona che segue un certo tipo passione, come quella del cosplay.
Anche se in parte è stato sdoganato, la società non lo considera ancora come un’arte, non vede il lavoro che c’è dietro limitandosi a guardare la superficie. Anzi, spesso viene visto male perché al di fuori del sedicente “buon costume”, il buon costume di quelli che il libro stesso definisce normie: cioè coloro che storcono il naso di fronte a qualcosa che non viene considerato normale.

Ho empatizzato molto con i personaggi, avrei voluto abbracciarli tutti, soprattutto Diego.

Mi piace perché ricorda il classico nerd sfigato anni 2000, cioè mi ricorda me per esempio. I tempi delle superiori, quando ero metallaro, a quando non instauravo una relazione amorosa nemmeno per sbaglio. E le cose non sono cambiate tantissimo.
Per il resto Cosplaygirl è un libro che si divora fin dall’inizio, la scrittura non fa mai calare l’attenzione dello lettore, che rimane incollato fino alla fine del libro.
In un libro come questo non mancano sicuramente riferimenti alla cultura pop, basti pensare al personaggio di Serena che viene paragonata all’Oscuro Signore Sauron e la negatività che emana come le nubi oscure di Mordor. Da fan di Tolkien ho riletto più volte quella parte.

Qui di seguito qui vi allego l’intervista che noi blogger abbiamo fatto a Valentino Notari, buona lettura!

Inizierei da una domanda semplice, ma che sia credo alla base dell’ispirazione che ti ha permesso di scrivere Cosplaygirl. Da dove nasce il tuo amore per i videogiochi? E quali sono i tuoi preferiti?

Sono un videogiocatore fin da quando ero bambino, è uno di quei passatemi su cui sono in grado di spendere ore e ore del mio tempo senza annoiarmi. Prediligo soprattutto gli RPG, ma in realtà gioco a quasi ogni genere di videogame. I miei preferiti sono World of Warcraft, Cyberpunk 2077, The Last of Us e Horizon Zero Dawn, ma ce ne sono anche tanti altri, come i due Spider-Man per PS4 e praticamente qualsiasi gioco ambientato nel mondo di Star Wars.

Cosa ti ha fatto appassionare al mondo del Cosplay?

Direi un insieme di cose, non saprei fare un vero elenco, ma una cosa è certa: è stato amore a prima vista. Ricordo molto bene la sensazione che ho provato la prima volta, trovandomi in mezzo ai personaggi che amavo da sempre. Non sapevo neanche che si chiamasse “cosplay”, ma pensai subito: “Voglio farlo anch’io!”

All’epoca ero a malapena in grado di cucire a mano, ma mi misi di impegno e con l’aiuto di mia zia e di una sarta creai i miei primi costumi. Un ruolo molto importante l’hanno avuto senz’altro le persone che ho conosciuto e le amicizie che ho stretto all’inizio, alcune delle quali sono diventate negli anni tanto importanti da arrivare a considerarle famiglia. Con loro ho condiviso l’adolescenza e tutto ciò che è venuto dopo, un legame indissolubile nonostante lo scorrere del tempo e che sopravvive ancora oggi.

Quale è stato il primo personaggio che hai reso reale e la prima fiera a cui hai partecipato?

Obi-Wan Kenobi, nella versione de La Minaccia Fantasma, a Romics 2002. Andai in fiera assieme a uno dei tanti fan club di Star Wars, con un costume (orrendo) comprato su internet e una spada laser costruita con una racchetta da sci modificata. La “lama” era fatta avvolgendo nastro isolante azzurro lungo l’asta e per l’elsa avevo dipinto un tubo idraulico. Nonostante fosse oggettivamente tutto molto raffazzonato, ne ero fierissimo e fu una di quelle giornate magiche col potere di cambiarti la vita per sempre. E oggi, quasi vent’anni dopo, direi che lo è stata. Lo è stata eccome.

Passiamo ora a delle domande relative al libro! Francesca (nome blog) è abruzzese e voleva ringraziarti per aver mostrato la realtà dei terremotati ormai dimenticati.. Hai vissuto anche tu questa esperienza come Alice?

Questo mi rende davvero felice, grazie dal profondo del cuore a Francesca. Non ho vissuto in prima persona il terremoto, ma ho conosciuto quella realtà grazie al mio lavoro con Emergency e sono rimasto profondamente colpito dalla forza e l’umanità delle persone che ho incontrato. Mi trovavo sul lago di Campotosto mentre buttavo giù le primissime idee per Cosplay Girl e lì ho conosciuto una tessitrice, Assunta Perilli, che mi ha parlato a lungo della tradizione della tessitura del lino. E così è nato il personaggio del nonno di Alice e l’idea di farle tessere da sé la stoffa per il costume, ma soprattutto l’occasione per me di raccontare la quotidianità delle popolazioni terremotate, di cui si parla davvero troppo poco. È un aspetto del libro a cui tengo da morire.

Alice e Valentino cosa hanno in comune? Come è nata e si è sviluppata la tua collaborazione con Licia Troisi?

Alice è molto simile a me a livello caratteriale: è paranoica, parla spesso prima di pensare e ha un passato di bullismo che l’ha spinta a procurarsi tagli sulle braccia, un qualcosa che ha fatto parte della mia vita per molto tempo durante l’adolescenza e nel periodo in cui andavo all’università. Ho messo tanto della mia esperienza nella sua storia, anche se per tanti versi siamo comunque due persone molto differenti. Per quanto riguarda Licia Troisi, sono un suo fan da sempre. La mia copia di Nihal della Terra del Vento è consumata oltre ogni immaginazione e credo di essere stato uno dei primissimi cosplayer di Sennar. E’ una delle mie scrittrici preferite in assoluto e mi ha riempito di felicità che sia stata lei la prima a leggere la versione definitiva di Cosplaygirl. E’ davvero un onore immenso.

Durante la scrittura, c’è stata una parte del libro che ti ha dato qualche difficoltà? e dal tuo punto di vista, che impatto hanno avuto i social network/ social media sul mondo dei cosplay?

La stesura del libro è stato un autentico tour de force (in senso buono!). Lo slancio di ispirazione che mi ha accompagnato durante tutto il processo è stato costante, forse proprio perché raccontavo dal punto di vista di una protagonista così vicina a me. I grattacapi più grandi me li ha dati il personaggio di Sara, che ci ho messo più di un tentativo a inquadrare e caratterizzare come volevo. Devo confessare che, però, alla fine sono rimasto molto soddisfatto, specie del dialogo tra lei e Alice nell’ultimo capitolo, e devo molto alla guida e le indicazioni del mio agente Francesco Gungui e della mia editor Simona Casonato, che mi hanno spinto a migliorare il testo sempre di più, con un’attenzione ai dettagli davvero certosina.

Parlando del discorso social network, l’impatto è stato enorme: ciò che prima era circoscritto all’interno di fiere del fumetto e forum specializzati, ha trovato un territorio fertile per propagarsi a livello globale, mettendo in comunicazione cosplayer, fotografi e appassionati di tutto il mondo. La natura prettamente visiva del cosplay ha fatto il resto, ma di certo l’avvento di Facebook prima e di Instagram e TikTok poi hanno contribuito in maniera sostanziale all’aumento vertiginoso della popolarità di questo fenomeno.

I pregiudizi che colpiscono la protagonista sono quelli che subiscono ogni cosplayer, anche in forma e in misura diversa, che porta avanti la propria passione? Tu stesso hai dovuto subire tali pregiudizi?

Assolutamente sì. Ognuno ha la propria storia personale, ovviamente, ma le dinamiche raccontate nel romanzo sono estremamente veritiere. Le vicende sono frutto della mia fantasia, ma i meccanismi sociali su cui si basano sono reali e di natura duplice: da un lato c’è il pregiudizio dei “normies”, persone esterne all’ambiente che spesso giudicano il cosplay un passatempo infantile; dall’altro, le dinamiche tossiche che si instaurano all’interno della community, come la diffusa tendenza allo slutshaming nei confronti delle cosplayer che si dedicano a versioni erotiche dei personaggi, che poi è quello che accade a Fede nel libro. Uno dei temi su cui ho lavorato tanto è proprio il superamento di questi pregiudizi: Alice inizialmente detesta le cosplayer come Fede, ma conoscendola meglio e cimentandosi anche lei in quel genere di fotografia, scopre che non c’è niente di male e, anzi, può essere un potente strumento di empowerment e crescita personale. Si tratta di un percorso che, con le dovute differenze, ho fatto anche io.

Pubblicato da Herik Sigurd

Scrittore a tempo perso, mi piacciono i libri e il cinema. Mi piace parlarne facendo quattro chiacchere e scambiando qualche opinione.

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